La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12813 dell'11 maggio 2023 ha affermato il seguente principio di diritto.
"Ai sensi dell'articolo 552, il legittimario che rinuncia all'eredità ha diritto di ritenere le donazioni o di conseguire i legati a lui fatti, anche nel caso in cui operi la rappresentazione, senza che i beni oggetto dei legati o delle donazioni si trasmettano ai rappresentanti, fermo restando però l'onere di questi ultimi di dover imputare le stesse disposizioni alla quota di legittima nella quale subentrano iure reppraesentationis".
La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12813 del 2023, osserva che l'articolo 552 del codice civile prevede che il legittimario che rinunzia all'eredità quando non si ha rappresentazione, può ritenere sulla disponibile le donazioni o conseguire i legati a lui fatti.
Nel caso in cui non vi sia stata espressa dispensa dall'imputazione, se per integrare la legittima spettante agli eredi è necessario ridurre le disposizioni testamentarie o le donazioni, restano salve le assegnazioni, fatte dal testatore sulla disponibile, che non sarebbero soggette a riduzione se il legittimario accettasse l'eredità, e si riducono le donazioni e i legati fatti a quest’ultimo.
La Corte evidenza che secondo l'opinione dottrinale prevalente, la disposizione, mira, a sanzionare il legittimario che, avendo già ricevuto delle donazioni in vita non dispensate da imputazione, (e quindi naturalmente in conto di legittima) preferisce rinunciare all'eredità, determinando, quindi, un aggravio della posizione degli altri legittimari, dal momento che potrebbero essere in potenziale pericolo, ai fini della riduzione, tutte le donazioni ovvero le altre disposizioni mortis causa che, ove vi fosse stata accettazione di eredità, sarebbero state immuni dalla riduzione, in quanto gravanti sulla disponibile.
In tal caso, il legislatore prevede che le pretese degli altri legittimari debbano essere indirizzate proprio nei confronti delle disposizioni che il rinunciante intendeva ritenere con la propria scelta.
La norma pone un dubbio interpretativo laddove operi il meccanismo della rappresentazione con il subentro dei discendenti in luogo del rinunciante.
Va, infatti, tenuto a mente, il disposto di cui al terzo comma dell'articolo 564 del codice civile, che prevede che il legittimario che subentra per la rappresentazione deve imputare alla propria quota di riserva le donazioni e i legati fatti, senza espressa dispensa, al proprio ascendente.
Ciò, secondo parte della dottrina, comporterebbe una situazione di iniquità in considerazione del fatto che i rappresentanti pur non avendo tratto alcun beneficio dalle donazioni ricevute dal loro ascendente, dovrebbero comunque imputarle alla loro quota nel momento in cui agissero in riduzione.
Al fine di rendere tollerabile tale apparente iniquità, alcuni autori hanno sostenuto che l'inciso contenuto nell'articolo 552 del codice civile, con riferimento alla rappresentazione, comporterebbe la possibilità per i donatari di ritenere le donazioni in caso di rinuncia solo in assenza di rappresentazione.
Laddove, invece, operi l'istituto della rappresentazione quanto ricevuto per donazione si trasmetterebbe in maniera automatica a favore dei rappresentanti.
La Corte, però, ha ritenuto di aderire alla tesi della prevalente dottrina che, senza prevedere un subentro dei rappresentanti in luogo del rappresentato, reputa che la norma contempla in ogni caso il diritto del donatario di ritenere i beni oggetto della donazione che, in assenza di rappresentazione, gravano in ogni caso sulla disponibile.
Nel caso in cui invece si verifichi il subentro dei discendenti del rinunciante, le stesse donazioni e legati vanno invece fatti gravare sull'indisponibile e quindi sulla quota di legittima, nella quale sono subentrati i rappresentanti, che per effetto di tale previsione sono tenuti a procederne all'imputazione.
La Corte, non ha ritenuto sussistere alcun profilo di iniquità in quanto la norma si pone in maniera coerente rispetto al principio secondo cui la divisione avviene per stirpi, e con la regola per cui ad una data stirpe, ancorché a seguito dell'operatività della rappresentazione, non può essere attribuito più di quanto sarebbe spettato
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