Definizione di ricognizione di debito
L’art. 1988 del codice civile, in tema di promessa di pagamento e ricognizione di debito, dispone che “La promessa di pagamento o la ricognizione di un debito dispensa colui a favore del quale è fatta dall'onere di provare il rapporto fondamentale. L'esistenza di questo si presume fino a prova contraria”
Dalla lettura della norma si evince che si tratta di negozi unilaterali recettizi in base ai quali un soggetto rispettivamente promette di effettuare una determinata prestazione ossia riconosce un debito nei confronti di un altro soggetto.
Disciplina
La promessa di pagamento e la ricognizione di debito producono la c.d. astrazione processuale. Il beneficiario della promessa o della ricognizione è dispensato dall’onere di provare il rapporto sottostante, che si presume iuris tantum.
Si distinguono in:
- astratte se non è fatta alcuna menzione del rapporto fondamentale.
- titolate, se è fatta menzione, in modo più o meno dettagliato, del rapporto sottostante.
Tassazione della ricognizione di debito
In relazione alla tassazione della ricognizione di debito, occorre rilevare che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n 7682 del 16 marzo 2023 hanno posto fine al dibattito giurisprudenziale riguardo la tassazione della ricognizione di debito ai fini dell'imposta di registro.
La Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n 7682 del 16 marzo 2023 , ha affermato i seguenti principi di diritto:
"Il deposito di documento a fini probatori in procedimento contenzioso non costituisce "caso d'uso" in relazione al D.P.R. n. 131/1986, art. 6 ".
"La scrittura privata non autenticata di ricognizione di debito che, come tale, abbia carattere meramente ricognitivo di situazione debitoria certa, non avendo per oggetto prestazione a contenuto patrimoniale, è soggetta ad imposta di registro in misura fissa solo in caso d'uso".
Prima questione
La prima questione affrontata dalle Sezioni Unite riguarda la qualificazione del c.d. "caso d’uso".
Il Supremo Collegio, evidenzia che ai sensi dell'art. 1 T.U.R, l'imposta di registro si applica, nella misura indicata nella tariffa allegata al detto testo unico, agli atti soggetti a registrazione e a quelli volontariamente presentati per la registrazione.
La succitata tariffa è divisa in due parti.
L'art. 5 T.U.R., al suo primo comma, nella formulazione applicabile ratione temporis, prevede che sono soggetti a registrazione in termine fisso gli atti indicati nella parte prima della tariffa e in caso d'uso quelli indicati nella parte seconda.
L'art. 5 T.U.R., al suo secondo comma, prevede che le scritture private non autenticate sono soggette a registrazione in caso d'uso se tutte le disposizioni in esse contemplate sono relative ad imposizioni soggette all'imposta sul valore aggiunto.
L'art. 6 T.U.R., poi definisce, il caso d'uso che si ha «quando un atto si deposita, per essere acquisito agli atti, presso le cancellerie giudiziarie nell'esplicazione di attività amministrative o presso le amministrazioni dello Stato o degli enti pubblici territoriali e i rispettivi organi di controllo, salvo che il deposito avvenga ai fini dell'adempimento di un'obbligazione delle suddette amministrazioni, enti o organo ovvero sia obbligatorio per legge o per regolamento».
La Corte osserva che: "L'art. 6 TUR, come sopra trascritto, riproduce, in sostanza, il contenuto della precedente disposizione di cui al D.P.R. n. 1972, n. 634, art. 6, che segnava invece un'evidente cesura rispetto alla prima norma che stabiliva l'obbligo di registrazione di atti in "caso d'uso", il R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 2 (Approvazione del testo di legge del Registro), che, dopo avere stabilito, al comma 1, la ripartizione tra gli atti da registrarsi in termine fisso e quelli soggetti invece a registrazione solamente in caso d'uso, stabiliva, al comma 2, che ai sensi dell'anzidetta legge, si aveva caso d'uso:
"1 Quando gli atti si presentano o si producono in giudizio davanti l'autorità giudiziaria ordinaria e nei procedimenti in sede giurisdizionale avanti il Consiglio di Stato, la Corte dei conti, le Giunte provinciali amministrative, i Consigli di Prefettura ed ogni altra speciale giurisdizione e quando si producono davanti agli arbitri;
2 Quando si riportano in tutto o in parte in atti pubblici o privati soggetti a registrazione o si inseriscono negli atti, pure soggetti a registrazione, delle cancellerie giudiziarie o delle pubbliche amministrazioni o degli enti pubblici".
Mentre, dunque, la disposizione da ultimo citata comportava che la produzione di un atto nei procedimenti giurisdizionali determinasse un caso d'uso, detta previsione non è contemplata dall'attuale art. 6 TUR, per il quale il deposito dell'atto, perché ne derivi il "caso d'uso", deve avvenire, per quanto qui rileva, "presso le cancellerie giudiziarie nell'esplicazione di attività amministrative", e non deve essere oggetto di un obbligo".
Alla luce di tali elementi, il deposito della scrittura privata di cui si discute, prodotta nella cancelleria del giudice civile in sede di procedimento contenzioso, certamente non può integrare "caso d'uso", presupponendo l'articolo 6 T.U.R., che il deposito dell'atto debba avvenire presso le cancellerie giudiziarie nell'esplicazione di attività amministrative.
Seconda questione
La seconda questione riguarda la tassazione della ricognizione di debito, rilevando tre contrapposti orientamenti.
Un primo orientamento (Cass. n. 24107/14) ritiene che la ricognizione di debito possa farsi rientrare nell'ambito dell'art. 9 della tariffa, parte I, del D.P.R. n. 131/1986 che assoggetta all'imposizione proporzionale nella misura del 3% gli "atti diversi da quelli altrove indicati aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale”.
Un secondo orientamento ha affermato che “laddove dalla ricognizione non risulti l'esistenza dell'atto costitutivo di un rapporto patrimoniale sottostante, di modo che non è dato verificare se per esso risulti già versata o meno l'imposta dovuta, la dichiarazione, priva di contenuto patrimoniale, non comportando alcuna innovazione rispetto all'obbligazione contratta, va ricondotta alla previsione di cui all'art. 3, parte prima, della tariffa, che prevede l’assoggettamento all'imposta proporzionale nella misura dell'1% degli "atti di natura dichiarativa, relativi a beni o rapporti di qualsiasi natura", sempre soggetti all'obbligo di registrazione in termine fisso”. (cfr, tra le altre, Cass. n. 15190/2021, Cass. n. 3379/2020).
Un terzo orientamento ha affermato il principio in base al quale alla ricognizione di debito, avendo essa natura meramente dichiarativa e, come tale, non apportando alcuna modificazione né rispetto alla sfera patrimoniale del debitore che la sottoscrive, né a quella del creditore che la riceve, limitandosi a confermare un'obbligazione già esistente deve attribuirsi natura di mera dichiarazione di scienza, rispetto alla quale, pertanto, non sarebbe applicabile, né l'art. 9, parte prima, della tariffa, né l'art. 3, parte prima della tariffa, ma l'art. 4, parte II, della Tariffa, secondo cui, sono assoggettate, in caso d'uso, ad imposta di registro in misura fissa, per quanto qui rileva, le scritture private non autenticate non aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale (cfr. Cass. sez. 5, 2021, n. 15268; Cass. sez. 5, 11 gennaio 2018, n. 481).
Una pronuncia isolata ha assoggettato la ricognizione di debito a imposta proporzionale di registro nella misura dello 0,50%, in relazione all’articolo 6, parte I, della tariffa.
La soluzione delle Sezioni Unite
La Suprema Corte di Cassazione a sezioni Unite sostiene che la soluzione del contrasto giurisprudenziale deve partire da un’analisi della natura della ricognizione di debito quale atto di natura dichiarativa.
Infatti, nel genus degli atti di natura dichiarativa, sono tendenzialmente distinguibili tre diverse categorie di atti:
- atti o negozi dichiarativi riferibili a fattispecie nelle quali, come nel caso della divisione, si abbia, per effetto del negozio dichiarativo, una modifica della situazione giuridica preesistente, senza che a ciò segua la produzione di effetti obbligatori o reali;
- atti o negozi ricognitivi, finalizzati a manifestare consapevolezza rispetto a una situazione data giuridica preesistente che non viene innovata;
- atti o negozi di accertamento, (distinguibili in negozi di mero accertamento e in negozi di accertamento costitutivo) la cui causa sia quella di rimuovere un’oggettiva situazione di incertezza.
La ricognizione di debito, allorché sia finalizzata a riaffermare un rapporto obbligatorio preesistente, sul quale non vi è incertezza, si inquadra nella categoria degli atti o negozi ricognitivi.
Le Sezioni Unite indicano come soluzione da preferirsi quella offerta dal terzo degli orientamenti sopra menzionati con la conseguenza che la scrittura privata non autenticata di mero riconoscimento di debito debba essere ricondotta, ai fini dell'imposta di registro, all'art. 4, Parte II della Tariffa, che assoggetta, in caso d'uso, le scritture private non autenticate non aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale ad imposta fissa (attualmente nell'importo di Euro 200,00).
Osservazioni
Le Sezioni Unite hanno osservato che l'accertamento della natura dell'atto di ricognizione di debito prescinde dal nomen iuris adoperato dalle parti, cosicché, ove il giudice di merito riconosca alla dichiarazione un effetto modificativo di una situazione giuridica obbligatoria preesistente, che assuma rilevanza patrimoniale, troverà applicazione l’art. 3, parte I della tariffa, con obbligo di registrazione dell'atto in termine fisso, da assoggettare ad imposta proporzionale secondo l'aliquota dell'1% da applicare al valore del bene o del diritto oggetto dell'atto dichiarativo
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